Alberto Stasi, il killer di Chiara Poggi, è tornato a respirare l’aria della libertà. Ma non si tratta di una scarcerazione definitiva: il 39enne esce dal carcere di Bollati ogni giorno per andare a lavorare. Sì, avete capito bene: il tribunale di sorveglianza ha deciso di concedere a Stasi il lavoro esterno, nonostante la sua condanna a 16 anni per l’omicidio della fidanzata avvenuto nel lontano agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia.
Ma come è possibile? La sua avvocata, Giada Bocellari, ha proposto reclamo contro il primo rigetto del giudice, risalente all’ottobre 2022, e alla fine è riuscita a ottenere il permesso per il lavoro esterno. Stasi svolge mansioni contabili e amministrative, ma non è libero di fare ciò che vuole: ha prescrizioni sugli orari di uscita e di rientro, può utilizzare solo alcuni mezzi di trasporto e fare solo certi percorsi. Insomma, non gli è permesso di sfuggire ai controlli.
Ma la domanda che tutti si pongono è: è giusto concedere il lavoro esterno a un assassino condannato? Non si tratta forse di una forma di clemenza nei suoi confronti? Le opinioni sono contrastanti, ma una cosa è certa: la decisione del tribunale di sorveglianza ha scatenato polemiche e dibattiti accesi.
Il lavoro esterno di Alberto Stasi: il perché della decisione
Un nuovo capitolo si apre nella vicenda di Alberto Stasi, il killer di Chiara Poggi. Il tribunale di sorveglianza ha deciso di concedere al 39enne il lavoro esterno.
Ma come è stato possibile? Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il lavoro esterno è un beneficio che ogni detenuto può ricevere dal direttore del carcere, a patto che abbia scontato almeno un terzo della pena e che sia stato elaborato un “programma di trattamento” approvato dal magistrato di sorveglianza.
Il caso di Stasi è particolare: il 39enne nega ancora di aver ucciso la fidanzata, e per il tribunale di sorveglianza è stato ritenuto “legittimo l’atteggiamento di negazione”. Il giudice ha ritenuto che la pena debba avere una finalità riparativa non solo esterna, oltre che preventiva, e ha sperato che la riattivazione dei contatti con l’esterno e la gestione di relazioni lavorative e personali possano favorire un più profondo scavo psicologico.
La decisione del tribunale ha scatenato polemiche e dibattiti accesi, con opinioni contrastanti sulla giustizia della concessione del lavoro esterno a un assassino condannato. Alberto Stasi è stato condannato definitivamente nel 2015 a 16 anni di reclusione, dopo che le assoluzioni del 2009 e del 2011 erano state annullate. Gli sono stati inflitti 16 anni per l’omicidio semplice della fidanzata Chiara Poggi, escludendo l’aggravante della crudeltà. Con il lavoro esterno, Stasi ha la possibilità di ricostruire la sua vita e di affrontare il suo passato, cercando di trovare una nuova strada per il futuro.
Gli accordi con la famiglia Poggi
Alberto Stasi, il killer di Chiara Poggi, ha raggiunto un accordo con la famiglia della vittima per il risarcimento dei danni. Nel 2018 era stato stabilito un pagamento di un milione di euro più 150 mila euro di spese legali. Tuttavia, una transazione lo ha impegnato a risarcire la somma di 700 mila euro, di cui ne ha già liquidati 350 mila. L’altra metà verrà detratta mensilmente dal suo stipendio di lavoro, sia in carcere che fuori.
Sebbene la sua condanna preveda la reclusione fino al 2030, Stasi potrebbe usufruire dello scomputo di 45 giorni di “liberazione anticipata” ogni sei mesi di carcere, anticipando la sua uscita già nel 2028. Inoltre, dal 2025 potrebbe richiedere l’affidamento in prova.
Nonostante ciò, Stasi ha sempre professato la sua innocenza, come ha ribadito anche in una recente intervista a Le Iene. La sua vicenda continua a suscitare polemiche e dibattiti sulla giustizia e sulla pena riparativa versus quella punitiva.